Anche la scuola è un bene comune, uno dei più preziosi. Ogni Cittadino è chiamato ad assumersi la responsività di difenderlo.
Il 21 gennaio presso la biblioteca di Ravina (Trento) ho incontrato un gruppo di genitori e inseganti interessati dalla possibilità di avere uno scambio informativo sul destino della scuola italiana, dunque dei futuri Cittadini. Purtroppo la conversazione non è stata delle migliori dal momento che il giorno prima la mia voce si era totalmente azzerata. Un’amica mi ha fatto la battuta che fosse l’esito di un “intervento dall’alto” per farmi finalmente tacere. Personalmente credo che molto succeda per caso, mentre a noi spetta di decidere come affrontarlo: è questa possibilità di scelta a fare la differenza. Il gruppo intervenuto la differenza l’ha fatta eccome: più di due ore di paziente ascolto della mia voce strusciata e di scambio di pensieri ed esperienze. In queste righe riporto in estrema sintesi alcune delle informazioni che ritengo fondamentali, necessarie per non trovarci di nuovo in balia di eventi che ci verranno presentati come inevitabili ed ai quali “è la legge” che chiede di piegarci.
I dati sulla condizione attuale delle nostre scuole, sono tutti relativi a fonti ufficiali e documentate. Ogni interessato può verificarle.
Le statistiche elaborate dal Ministero dell’Istruzione, per l’anno 2018/19 (più recenti non sono ancora pubblicate), riportano le percentuali di studenti della scuola primaria e secondaria con un Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA) come variante dall’ 1,3% della Calabria al 7,7% della Liguria. Dal momento che le ultime altisonanti notizie della ricerca medica mainstream divulgate anche dai quotidiani proclama: “Dislessia, identificati 42 geni ‘colpevoli’ del disturbo. Più vicina la diagnosi precoce”
(https://www.repubblica.it/salute/2022/10/30/news/dislessia_identificati_42_geni_colpevoli_disturbo-370887568/), la domanda sorge spontanea: “Quale sarà la causa che altera così tanto la genetica degli abitanti delle due Regioni? Possiamo scientificamente escludere che si tratti della tanto raccomandata aria di mare!
Possiamo allora ipotizzare che sia colpa della cronica arretratezza attribuita al sud del Bel Paese? Dovremmo, sempre seguendo il filo logico, dedurre che Regioni più “virtuose” ed “attente” dovrebbero funzionare meglio. Ma sempre dai report annuali del Ministero nelle percentuali riportate vi è una costante e corposa tendenza all’aumento di diagnosi di DSA. A partire dall’entrata in vigore della legge n. 170/2010, che definisce le linee guida sia per i criteri diagnostici sia per gli interventi a favore degli studenti portatori di DSA, assistiamo ad un incremento esponenziale delle percentuali:
nel 2010/2011 (legge n.170/2010) vi era lo 0,7% (64.227) degli studenti con una diagnosi DSA, nel 2018/2019, la percentuale passa al 4,9% (298.114), con un incremento quindi del 364,2%, a fronte di una diminuzione nello stesso periodo dell’1,4% della popolazione studentesca considerata (scuola primaria e secondaria). Dunque disporre di più mezzi ha portato ad un peggioramento del problema? Parrebbe di sì, se entrando nel sito ufficiale dell’Istituto secondario Galileo Galilei di Bolzano (scelto a caso), su più di 1200 studenti il 24% risulta con Bisogni Educativi Speciali (BES). I curiosi potrebbero fare una verifica sei siti di qualunque altra scuola nazionale.
Dunque la scuola, dalla materna alla secondaria, sembra avere a che fare con masse crescenti di soggetti che non possono accedere fluentemente alle funzioni della lettura (dislessia), scrittura (disgrafia), capacità basica di calcolo pur essendo intelligenti (discalculia), e non poter apprendere le regole ortografiche della propria lingua (disortografia) a causa di una presunta alterazione genetica. Non solo. Come si sa le grane non giungono mai sole: la Neuropsichiatria e la Neuropsicologia mainstream ci dicono che i soggetti che presentano un DSA, soffrono in altissima percentuale anche di un disturbo dell’attenzione, ADHD.
Nel 2003 la prevalenza dei bambini con diagnosi di ADHD era stimata intorno al 1%, (circa 75.000 bambini), mentre nel 2018 le stime sono arrivate a valori tra il 3% e il 6% circa dei bambini e dei ragazzi.
Attualmente, con i nuovi criteri diagnostici dell’ ultima edizione del DSM-5, la prevalenza complessiva dei bambini interessati dalle varie diagnosi “psichiatriche” è stimata al 10-20% della popolazione infantile e adolescenziale, interessando circa 2 milioni di bambini; e il numero è in rapido aumento, in particolare dopo la pandemia (Laura Reale 1, Maurizio Bonati 2Iss: in 10 anni raddoppiato il numero di giovanissimi seguiti nei servizi di neuropsichiatria. Sanità 24. 11 Maggio 2022 https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30185215/ ).
Naturalmente ci si chiede: dopo tutte queste difficoltà, che rendono le scuole più dei reparti dislocati e diffusi di riabilitazione neuro-psichiatrica che luoghi dove apprendere ad apprendere e coltivare la capacità di pensare, cosa arriva nelle nostre Università? Cito testualmente da un piccolo e prezioso libro di Lucio Russo: "Durante una lezione di un paio di anni fa, ho nominato Archimede, alcuni degli studenti (del corso di Laurea in matematica) mi hanno chiesto come mai citassi questo signore per nome, senza precisarne il cognome" (Segmanti e bstoncini, Feltrinelli, 2016, p.73)
Nel corso della serata ci siamo anche occupati degli esorbitanti costi economici, oltre che umani, che qui tralascio, ma facilmente intuibili, generati dall’abbandono scolastico e dall’avvio alla carriera di disabili psichici di un numero sempre crescente di giovani. Dunque la domanda: a cosa serve la scuola appare più che legittima.
E qui arriva il colpo di scena! Il documento che nell’ estate 2022 è stato congedato dal Ministero della Pubblica Istruzione per rispondere a questa domanda vitale per ogni Stato: che Cittadini volgiamo costruire? Il testo è di 39 pagine, perciò abbordabile.(https://pnrr.istruzione.it/wpcontent/uploads/2022/07/PIANO_SCUOLA_4.0_VERSIONE_GRAFICA.pdf ).
Ne riporto solo alcuni stralci, con sintetico commento a latere:
“Il «Piano Scuola 4.0» da qui al 2027, prevede il processo di digitalizzazione della didattica e della organizzazione scolastica italiana – dagli asili nido alle università – secondo le linee di investimento previste da PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) dettate da UE”. Commento: siamo certi che la UE abbia dato prova di lungimiranza e dia garanzie di tutela dei cittadini onesti?
“Si suddivide in quattro sezioni, denominate rispettivamente: la prima «Background»; la seconda e la terza «Framework»; la quarta «Roadmap» e previo addestramento dei docenti e in base alle proprie «competenze digitali», i docenti sono suddivisi in sei livelli: A1 Novizio, A2 Esploratore, B1 Sperimentatore, B2 Esperto, C1 Leader, C2 Pioniere. Commento: posto che il linguaggio plasma il pensiero e la realtà, la scuola dovrebbe diventare una via di mezzo tra un corso per giovani marmotte e futuri soldatini?
«Gli ambienti fisici di apprendimento non possono essere oggi progettati senza tener conto anche degli ambienti digitali (ambienti on line tramite piattaforme cloud di e-learning e ambienti immersivi in realtà virtuale) per configurare nuove dimensioni di apprendimento ibrido. L’utilizzo del metaverso in ambito educativo costituisce un recente campo di esplorazione, l’eduverso, che offre la possibilità di ottenere nuovi “spazi” di comunicazione sociale, maggiore libertà di creare e condividere, offerta di nuove esperienze didattiche immersive attraverso la virtualizzazione, creando un continuum educativo e scolastico fra lo spazio fisico e lo spazio virtuale per l’apprendimento, ovvero un ambiente di apprendimento onlife» (i grassetti sono originali). Commento: la scuola dovrebbe diventare un luogo dove si addestrano i “soggetti” a diventare precoci consumatori di strumenti elettronici, il più possibile scollegati dalla vita reale, e un occasione per assegnare lauti appalti?
Non sembrano esserci dubbi visto che la maggior parte del testo si occupa proprio di aspetti economici.
Il progetto delle «Next Generation Classrooms» è quello di trasformare, grazie ai finanziamenti del PNRR, almeno 100.000 aule delle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado… «sulla base di un format comune reso disponibile dall’Unità di missione del PNRR», ciascuna istituzione scolastica dovrà adottare un documento chiamato «Strategia Scuola 4.0» dove vengano declinati «il programma e i processi che la scuola seguirà per tutto il periodo di attuazione del PNRR con la trasformazione degli spazi fisici e virtuali di apprendimento, le dotazioni digitali, la innovazioni della didattica, i traguardi di competenza in coerenza con il quadro di riferimento DigComp 2.2, l’aggiornamento del curricolo e del piano dell’offerta formativa, gli obiettivi e le azioni di educazione civica digitale, la definizione dei ruoli guida interni alla scuola per la gestione della transizione digitale, le misure di accompagnamento dei docenti e la formazione del personale».
«È necessario che la progettazione didattica, disciplinare e interdisciplinare, adotti il cambiamento progressivo del processo di insegnamento e declini la pluralità delle pedagogie innovative (ad esempio, apprendimento ibrido, pensiero computazionale, apprendimento esperienziale, insegnamento delle multiliteracies e debate, gamification, etc.) … Essi si caratterizzano per essere coperti da una connettività diffusa in banda ultra larga, e sono aperti alla sperimentazione della tecnologia 5G»
Fino al ricatto finale:
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E tutti i nostri bambini e ragazzi con diagnosi di DSA, ADHD, e “disturbo del comportamento dirompente, disturbo del controllo degli impulsi e della condotta, disturbo oppositivo-provocatorio, disturbo esplosivo intermittente e disturbo della condotta (così suonano le certificazioni scolastiche ai sensi delle leggi 104 e 170)? Nessun problema! Il Piano scuola 4.0 ha trovato la soluzione:
«Le nuove classi, oltre ad avere uno schermo digitale, dispositivi per la fruizione delle lezioni anche in videoconferenza e dispositivi digitali individuali o di gruppo (notebook, tablet, etc.), dovranno avere a disposizione, anche in rete tra più aule, dispositivi per la comunicazione digitale, per la promozione della scrittura e della lettura con le tecnologie digitali, per lo studio delle STEM, per la creatività digitale, per l’apprendimento del pensiero computazionale, dell’intelligenza artificiale e della robotica, per la fruizione dei contenuti attraverso la realtà virtuale e aumentata». Commento: caro ragazzo, non serve che impari a leggere e scrivere, per poter scegliere che libri vorresti conoscere. Non importa se disturbi, puoi startene a casa tua o in un’aula in compagnia di un computer (gamification). Tra poco avremo risolto anche il problema degli insegnati d’appoggio: il politecnico di Torino ha già costruito il robottino Pepper che pare sappia comunicare con i ragazzi con diagnosi di autismo meglio degli umani.
Infine non posso omettere alcune riflessioni da psicologa psicoterapeuta. Nella pratica clinica è noto che, quando un soggetto non distingue la realtà dalle sue proiezioni mentali la situazione psichica è grave, si dice infatti che il soggetto delira. Ora la scuola diventerà il luogo in cui il soggetto è guidato e istruito a scambiare la realtà oggettiva, creata grazie alla propria esperienza interpersonale diretta, mentale e affettiva, con il mondo, con quella creata e offerta da altri, che sceglieranno per lui. Questo il significato inquietante del neologismo onlife. Coniato sul termine già penetrato “online”. Commento: viene spacciato il falso per sostituire il vero. Infatti gli artefatti proposti dalla tecnologia sono stati paradossalmente battezzati “realtà aumentata”. E poco importa se poi i ragazzi svilupperanno dipendenza dal telefonino e litigheranno tutte le sere con i genitori che sperano di porre un limite al loro uso notturno.
Ormai è noto che messaggi paradossali e ambigui generano psicopatologia, senza bisogno di andare in cerca di geni “colpevoli”, che nulla spiegano nella realtà. E il testo con cui ci viene propinato il futuro della scuola è completamente infarcito di linguaggio e concetti paradossali in cui “realtà aumentata” coincide con falsificazione della realtà: i Next Generation Labs, da istituire con urgenza presso gli istituti superiori, mirano < simulazione dei contesti, degli strumenti e dei processi legati alle professioni digitali, di esperienze di job shadowing>>.
Nota: il termine STEM, presente qualche riga più in su e continuamente citato significa: Science, Technology, Engineering, Mathematics. Commento: già qualche politico “lungimirante” si è espresso sull’inutilità di studiare la Storia. Probabilmente perché pericolosa maestra di vita, specie sui giochi di potere, dunque è bene farla sparire dai programmi. Infine, posto che conoscere veramente più lingue renderebbe la mente più flessibile, il continuo ricorso all’inglese in modo gergale, mostra inevitabilmente lo stato di colonizzazione culturale e superficialità in cui versano proprio coloro che la cultura dovrebbero promuovere.
Concludendo mi pare che la risposta al quesito a cosa si vorrebbe che servisse la scuola sia lì sotto i nostri occhi, come raffigurato dal manifesto pubblicitario del MUSE di Trento: plasmare trogloditi etero-guidati da visori di realtà fittizie create da altri.
Ogni Cittadino, genitore, insegnante e studente è chiamato a decidere se questo è il futuro che desidera.