Se si digita in internet “Pinocchio” la quantità di immagini che esce è enorme. Il suo personaggio ha suscitato un fascino e un interesse sempre crescenti. Si sono cimentati con la narrazione delle sue avventure attori del calibro di Nino Manfredi, di Roberto Benigni, addirittura in doppia veste, Gina Lollobrigida. Jaco Vitti gli ha dedicato un libro in un formato che riproduce il mitico Vittorioso (forse solo chi è vecchio come me o è un collezionista di fumenti sa di cosa parlo).
Esiste una vera e propria branca di studi in proposito la pinocchiologia.
Giorgio Agamben gli ha dedicato un corposo saggio, guarda caso scritto proprio durante la pandemia (Einaudi, 2021).
Nel mio lavoro di psicoterapeuta, dove l’uso delle metafore è uno degli attrezzi del mestiere indispensabili, Pinocchio è una delle più potenti ed efficaci.
La mitologia e le favole abbondano di personaggi che sintetizzano metaforicamente l’essenza esistenziale dei diversi quadri sintomatici. I Narcisi abbondano, gli Ulisse pure, così come le Alici nel Paese delle meraviglie e le Belle Addormentate. Non mancano nemmeno i Samurai, i Siddhartha e i Prometeo solo per citare i più gettonati e sempre equamente suddivisi tra le diverse identità di genere definite o in transizione.
Ma Pinocchio è speciale perché è la metafora, la sintesi della condizione umana universale. Le sue vicende non ci parlano di una particolare e specifica organizzazione psicopatologica. Egli è la rappresentazione della natura esistenziale di qualunque essere umano.
Tutti nasciamo Pinocchi. Passare da un burattinaio all’altro è la cifra del processo di crescita. Cominciando da quello amoroso e accudente che creandoci cerca di fare il meglio per noi, per passare a quello egoista che ci vuole in esclusiva per sé, oppure manipolatore e sfruttatore, o crudele fino al punto di annientarci. Nella potente favola di Pinocchio sono rappresentati tutti i possibili incontri che la vita ci riserva. Tutti i compagni di viaggio obbligano Pinocchio a discernere, a capire se sono mentitori o no. Incluso il suo alter ego Lucignolo. In fondo anche la fata Turchina volendolo aiutare si muove fuori del mondo della realtà, infatti non potrà essergli veramente di aiuto se Pinocchio non accetta di riconoscere le sue proprie menzogne. Esattamente ciò che cerca di fare lo psicoterapeuta. E quasi sempre la medicina che offre al suo paziente deve essere anche amara per essere efficace.
Non c’è scampo, per diventare essere umani, perdere i fili che ci legano ai diversi burattinai che incontriamo dobbiamo affrontare due problemi cruciali: cercare la Conoscenza per ridurre l’inevitabile ignoranza della condizione umana (il sillabario), ma soprattutto affrontare il più grande falsificatore: noi stessi.
Se avremo il coraggio di smettere di mentire, magari soffriremo ma non ci servirà più alterare la realtà sperando di non perdere ciò che più di ogni altra cosa desideriamo: il rapporto con gli altri e il nostro posto nel mondo. A fare la differenza non è la forma di uno specifico sintomo di cui si veste la nostra sofferenza. Qualunque sia il modo in cui falsifichiamo la realtà, il nostro “naso” ci impedirà di muoverci e più mentiamo e più restiamo impigliati e rischiamo di infilzare chi ci sta vicino.
È stata la puntata di domenica 13 novembre di Che tempo che fa a riportarmi davanti agli occhi le illustrazioni della mia copia di Pinocchio, letta in V elementare, che conservo con cura e sulla quale ancora medito.
Sentire il prof. Roberto Burioni meravigliarsi della “timidezza” con cui vengono prescritti e usati gli antivirali e i farmaci monoclonali. Cosa incomprensibile poiché sono cure efficaci, mentre restano ammassati nei depositi, in procinto di scadere, e affermare che questa “timidezza” sarebbe la causa “di centinaia di morti per covid”. Sentirglielo dire dopo che i medici impegnati sul territorio, nelle università e centri di ricerca si sono sgolati, da subito per dirlo, ma sono stati sospesi, minacciati, isolati o radiati, quelle frasi non potevano sortire altro che l’effetto di un teletrasporto nel mondo di Pinocchio. Ma non bastava, i telespettatori hanno dovuto sentir dire dal prof. Franco Locatelli che “una delle riviste internazionali più prestigiose” (che però non ha nominato) afferma la assoluta sicurezza e validità del “vaccino”, quando esistono montagne di ricerche che documentano che vaccino non è, e che ormai Ministri di altri Paesi hanno cominciato a scusarsi pubblicamente per la lista di danni collaterali che si allunga di giorno in giorno e che lascia senza fiato. (https://www.renovatio21.com/sondaggio-il-23-dei-cittadini-tedeschi-ha-avuto-gravi-reazioni-avverse-dai-vaccini-covid/ )
Mentre ascoltavo vedevo due nasi che si allungavano a dismisura che si insinuavano tra il pubblico ancora mascherato (a proposito di oscuramento del volto reale) e lo infilzavano a morte.
Ma il Pinocchio/Lucignolo che più prendeva forma e cresceva davanti ai miei occhi, come uno di quei fagioli magici che giungono in cielo fino alla dimora del potente orco, è stata quella del conduttore/alza-palla, Fabio Fazio. La mente è tronata alle sue esternazioni francamente imbarazzanti sugli inseganti che “se negano la scienza” non possono insegare a pargoli da formare come futuri cittadini obbedienti. (“Che cosa insegna un insegnate no vax. È accettabile che i ragazzi siano istruiti da chi nega la Scienza?” https://blog.oggi.it/fabio-fazio/2022/04/20/e-accettabile-che-i-ragazzi-siano-istruiti-da-chi-nega-la-scienza/ )
Già allora mi chiedevo se lui sapesse che la Scienza è metodo applicato con rigore e onestà intellettuale. Se sul suo sillabario ci fosse la storia di Galileo, padre del metodo scientifico, costretto a mentire per non incrinare la menzogna utile al potere dell’epoca.
Ma in questa occasione sentirlo insinuare con tono agrodolce (sua caratteristica da ex enfant prodige della battuta facile) chissà se “il ministro verrà a renderci conto del perché i farmaci giacciono a tonnellate in procinto di scadere”, lasciando nell’ambiguità a quale Ministro della salute si riferisse, è stato davvero troppo.
Se la capacità di falsificazione della realtà è così elevata da confondere due anni e mezzo con un mese, beh la prognosi è davvero infausta!