Fare prevenzione o creare allarme?
La divulgazione medica non specialistica quali obiettivi si propone? Con quale linguaggio? Quanto contribuisce a creare “sapere utile” e quanto a generare timori e confusione?
Teoricamente dovrebbe avere uno scopo non solo informativo, ma anche formativo ed educativo. Dunque ha la responsabilità di fornire nozioni base di cultura medica spiegando le principali cause di malattia e illustrando comportamenti che possono contribuire ad evitare l’insorgenza o il perpetuarsi di condizioni patologiche. Quindi fornire strumenti per una migliore interazione tra i propri bisogni psico-fisici e il variegato mondo rappresentato dalla medicina-psicologia, le scienze biologiche e l’organizzazione assistenziale.
Esiste una moltitudine di divulgatori o informatori tra tecnici sanitari professionisti e giornalisti scientifici di settore. Ad essi si aggiungono persone provenienti da vari ambiti che spesso utilizzano la notorietà come chiave per trasmettere dati e “informazioni” non sempre fondate o libere da condizionamenti di varia natura.
Salute e malattia sono concetti carichi di significati emotivi e personali, ma sempre radicati nelle caratteristiche culturali di una determinata società e periodo storico: aspetti importanti nel determinare di volta in volta i confini delle due condizioni. Il rapporto tra salute e malattia e il concetto di integrità del nostro stato psico-fisico, andrebbero considerati nella loro complessità: comprendendo le molte e variegate correlazioni psicologiche, sociali, economiche e politiche.
Purtroppo, le dinamiche dell’informazione medica sembrano sempre più rivolte a creare possibili consumatori di prodotti sanitari, siano essi farmacologici o di accertamento diagnostico.
Il malato Immaginato, libro di Marco Bobbio del 2010 ( Ed. Einaudi) illustra i rischi di una medicalizzazione estrema della società. Si cita, ad esempio, l’illusione iniziale che aveva accompagnato negli Stati Uniti, l’esecuzione di TAC al torace per la diagnosi precoce del tumore al polmone in soggetti fumatori. Il battage pubblicitario sui giornali da parte dei produttori di apparecchiature non si fece attendere ma si assistette, l’anno successivo, ai dati di uno studio che smentì l’efficacia della campagna, dimostrando che nonostante si fossero fatti più interventi chirurgici, la mortalità era identica a quella prevista.
L’informazione riguardante la salute non risponde più a canoni puramente informativi e di tutela della salute come bene comune, ma, spesso, è volta ad accendere attenzioni mirate e quasi morbose su varie patologie che possono suscitare interesse in un pubblico, di frequente già allarmato. L’estate scorsa, tramite notizie sui maggiori quotidiani, si sono accesi i riflettori sulla febbre West Nile e la febbre di Lassa: condizioni sconosciute ai più per la loro rarità, ma adatte allo scopo di continuare a tenere alta l’attenzione e i timori verso possibili ulteriori minacce alla salute. La leva emotiva è spesso subdola, ma efficacemente usata per indurre allarme più o meno sottile nei confronti di vari temi sanitari, o per generare, al contrario, ottimistiche quanto facilmente smentibili previsioni.
Bisognerebbe dichiarare che spesso esiste l’effettiva difficoltà della medicina a delimitare confini netti nella definizione di sano o malato, nonchè di segnalare la grande variabilità individuale come condizionante l’esito del trattamento e la complessità nelle scelte dei provvedimenti. Al contrario, si tende ad alimentare un senso di irrealistica onnipotenza, che nulla ha a che fare con un approccio davvero scientifico all’argomento.
Riuscire a fare divulgazione medica senza sconfinare dal proprio ruolo non è impresa semplice. Bisogna avere certamente competenze tecniche ma allo stesso tempo misurare il contenuto ed il linguaggio usato, per giungere ad un equilibrio comunicativo, difficile, ma necessario per evitare che i fruitori del messaggio non vengano confusi o indotti in allarme. Come nel dialogo Medico-paziente, la modalità di trasmissione delle informazioni è essenziale per non suscitare sensazioni contrastanti che potrebbero poi essere elaborate, in solitudine, in maniera distorta.