La mia esperienza medica degli ultimi semestri mi porta ad incontrare pazienti che spesso fanno coincidere l’insorgenza di diverse sintomatologie avvertite, in periodi di poco successivi alla somministrazione dei prodotti classificati “vaccini” Covid 19. L’esperienza è condivisa e confermata da altri colleghi. Naturale pensare che vista la grande platea di vaccinati, qualunque nuovo sintomo conseguente non possa essere ricondotto automaticamente al ricevimento della dose.
Un’analisi seria prevederebbe la raccolta di dati in maniera attiva, comporre statistiche epidemiologiche e confrontarle con altri periodi storici precedenti l’inizio delle inoculazioni. Purtroppo, questa metodologia non è stata sufficientemente messa in atto. Per questo non voglio entrare nell’aspetto diagnostico definitivo, spesso lungo e non sempre risolutivo in termini di diagnosi ma soffermarmi sul “racconto” del paziente.
L’analisi empirica, “a sensazione” mi ha portato ad osservare un certo aumento X nella frequenza del racconto di sintomi quali Cardiopalmo, astenia, dispnea. La sintomatologia in questione è spesso definita aspecifica perché dipende molto dal vissuto del paziente e dalla sua capacità di esternare la descrizione di quanto avvertito.
Quindi vi è l’osservazione , frutto di esperienze personali con pazienti e confronto con alcuni colleghi, caratterizzata da un certo incremento di visite mediche per sintomi molto variegati( Di richiamo Cardiologico ma anche neurologico, pneumologico, endocrinologico, dermatologico ecc.).
La prima osservazione da fare riguarda l’aspetto di quanto il racconto del paziente a proposito del momento di insorgenza del sintomo , possa essere recepito a seconda della “sensibilità “ del medico e quindi dalla predisposizione ad accettare un possibile ruolo eziopatogenetico di uno dei prodotti usati, o al contrario, negarlo a priori e catalogarlo come mera coincidenza.
Anche qui, bisognerebbe condurre studi seri su questo importante bias e valutarne indipendentemente l’impatto sulla gestione clinica e il conseguente percorso diagnostico.
Articoli e interviste che si possono trovare sulla rete e sui media generalisti, quasi sempre conducono in direzioni opposte riguardo un possibile ruolo eziopatogenetico del “vaccino” nella responsabilità di diverse condizioni cliniche.
Allo stesso tempo, su piattaforme meno conosciute, si stanno moltiplicando informazioni relative a quanto “non torna” nell’analisi di come è stata affrontata la pandemia prima e la campagna vaccinale dopo, i suoi presupposti, i rapporti degli enti regolatori e statistiche di vario genere che mostrano ad es. la segnalazione di numerosi casi di eventi avversi e dell’aumento della mortalità generale . L’ISTAT certifica che nel 2022, anno in cui la mortalità covid è stata molto bassa, vi è stato un eccesso di mortalità generale di 60.291 unità rispetto alla media del quinquennio 2015-19. Da più parti si chiede di indagare sulle cause di questo eccesso.
Molte persone che accedono a queste informazioni si trovano spesso però di fronte ad un cortocircuito perché non trovano riscontro nella generalità del racconto massmediatico e del mondo medico in generale.
Quindi da una parte racconti reali, certo non automaticamente significativi di qualcosa, dall’altra una rappresentazione della realtà che va in direzione opposta. La versione ufficiale trasmessa è monolitica e se anche si lascia andare a qualche concessione come negli ultimi giorni ( vedi le affermazioni dei vertici Aifa a proposito di “tachipirina e vigile attesa”), lo fa in maniera autoassolutoria e volta a ridurre la pressione con toni rassicuranti. E’ evidente il muro di gomma che si erige e contro il quale si spegne il rumore di fondo che si leva dal basso provocando sfiducia e rassegnazione in chi pone dubbi e cerca di osservare liberamente il fenomeno.
Qualcuno ha definito “sherpa”, tutti quanti vanno avanti senza porsi e porre domande e non essendo apicali, e/o portatori di grandi interessi, non accusabili di contaminazioni di altra natura.
Ma questi sherpa presenti tra i sanitari e in generale nella popolazione perché continuano imperterrite a non interrogarsi circa temi così importanti per la salute e per la società?
E’ solo un problema di falsa credibilità attribuita a chi pone dubbi o esiste dell’altro?
L’incapacità e la paura di vedere realtà nuove rispetto a quanto creduto può provocare l’accettazione di situazioni contraddittorie, illogiche e sproporzionate?
La debolezza di fronte all’organizzazione della propria esistenza porta a rivolgersi verso sicurezze che arrivano dall’esterno, meglio se suadenti ed univoche. Il peso e la fatica di affrontare percorsi controcorrente, abilmente sfruttati per accentuarne i tratti destabilizzanti, possono certamente spiegare la modalità di approccio prevalente ai fenomeni degli ultimi 3 anni.
Oggi si è affermata la tendenza di attribuire veridicità a determinati fenomeni solo se certificata da qualcosa ritenuto superiore e che oltre ogni dubbio la sottopone a tutti. Cosa sono questi enti superiori? Da chi sono composti? Quali fini hanno? La modalità di esporre gli eventi e di raccontare “verità” è caratterizzata da una profonda crisi legata alle evidenti contraddizioni e ai presupposti predeterminati che fanno da contenitore chiuso della “verità”. Nessuna verità assoluta è conoscibile ma almeno una parte può essere messa in relazione con il nostro essere in un rapporto osservatore-fenomeno variabile ma che rappresenta l’interazione di quel momento specifico. Togliere anche questo punto d’incontro, sostituendolo con parti già definite, annulla il naturale tentativo di rapportarsi e decifrare l’esterno. Lo strapotere attribuito alle “evidenze” e alle “competenze” ha travalicato il giusto senso da attribuire a questi termini, travolgendo le sensibilità del singolo.
Credo che il potenziale frustrante delle condizioni viste sopra debba essere affrontato calandosi maggiormente nel privato e nella sua sfera di approfondimento ed elaborazione. Non bisogna fare l’errore, al contrario, di affidarsi totalmente a quanto riteniamo “evidenze”, non importa se a “favore” o “contro”, perché inevitabilmente ci trasmetteranno il muro verso le quali si scontrano. Il voler cercare conferme e ammissioni e magari gioire brevemente per qualche concessione, riporta al punto di partenza l’incertezza in cui ci si trova.
Ancora una volta l’aspetto decisivo si trova nella possibilità di ognuno di poter osservare da più prospettive e usare la singola coscienza come strumento di libertà , cercando di raggiungere un equilibrio di visione, certamente personale , nel quale però non si realizza l’effetto distorsivo dell’imposizione dall’esterno.
Il fattore esperenziale sul campo è quindi un potente determinante, a patto che ci si rende liberi di guardare oltre la cortina delle “affermazioni” che spesso sono invece il costrutto di volontà estranee volte a sigillare pensieri e sensibilità.
Bisogna cambiare prospettiva non inseguendo eventuali evidenze o ammissioni che non arriveranno se non funzionali comunque al sostentamento effettivo delle versioni ufficiali ma cominciare ad approfondire il processo che dalla nostra capacità di osservare, arriva a costruire la visione corretta del fenomeno.
L’asservimento della nostra organizzazione sociale nei confronti della tecnoscienza sta tradendo l’imparzialità che dovrebbe guidarla. E’ evidente l’intreccio che la guida e che la porta a perdere un possibile ruolo di riferimento imparziale, quindi inadatto ad essere considerato il fulcro nell’ambito del processo relazionale tra il nostro se’ e l’esterno.
“Onorare le storie dei pazienti” è il sottotitolo di Medicina Narrativa di Rita Charon che condensa bene il rispetto che si deve al bisogno di comunicare dei pazienti e dell’arricchimento che attraverso di esso possiamo ricevere.
Ascoltare quindi il racconto del paziente, modificando la prospettiva dal generale al particolare, ci permette meglio di cogliere l’unicità di manifestare bisogno, trasmettendoci molto di quanto in generale accade attorno a noi e fornendoci elementi sui quali riflettere per una lettura della realtà il più possibile libera e interiormente costruttiva.