Questo testo si fonda sul mio intervento tenutosi a Trento il 18 giugno 2022, in occasione dell’invito rivoltomi da Elena Dardo, che ringrazio, a partecipare ad un incontro pubblico organizzato dal partito Alternativa (Presidente Pino Cabras). Ho accettato questo invito pur non nutrendo particolare simpatia per i politici in generale e per questo tipo di eventi. Ritengo tuttavia indispensabile mettere a disposizione del maggior numero possibile di persone strumenti di riflessione, in un momento storico in cui proprio la capacità di pensare viene messa al bando e addirittura patologizzata.
Il mio è un contributo di psicologa, cioè di studiosa della scienza del comportamento, ed è finalizzato a proporre, in questa occasione particolare, una riflessione sul “comportamento guerra”.
Non può sfuggire infatti che, al di là della tragica e pericolosa situazione internazionale coagulatasi intorno alla crisi russo-ucraina, ci troviamo in clima di guerra dall’inizio del 2020 con l’esordio della pandemia di covid-19.
Da subito politici, “tecnici” e media hanno iniziato ad usare la parola “guerra” come metafora per creare un contesto entro cui far scivolare ben altri messaggi e intenzioni, orientando percezioni e comportamenti.
Appunto per questo è importante avere chiaro quando è appropriato usare la parola “guerra”. Cosa è necessario perché una disputa o un conflitto degeneri in guerra? E in fine l’antica, ma sempre valida domanda di esperti di guerra, come gli antichi romani: cui prodest? A chi e per cosa è utile?
Tutti gli scienziati veri e seri si sono occupati di questo comportamento e delle sue conseguenze. Comportamento che appartiene solo alla specie umana.
Einstein scrisse a Freud per chiedergli se non avesse una spiegazione meno rassegnata e pessimistica della teoria secondo cui gli umani sono dominati dall’istinto di morte.
Einstein era un convinto e attivo pacifista e provò sempre rimorso per essersi lasciato convincere a firmare il documento che chiedeva ai governanti americani lo sgancio delle bombe atomiche sul Giappone.
Per questo si impegnò a stilare e far firmare ad altri 5 colleghi di cui tre Nobel per la fisica e uno per la chimica un appello rivolto a tutti: scienziati, politici e comuni cittadini, contro la guerra.
Questo documento è noto come il “Manifesto Russell-Einstein”, perché fu il famoso filosofo a promuoverlo e presentarlo a Londra il 9 luglio del 1955, dopo la morte di Einstein avvenuta nell’aprile di quell’anno.
L’accorato documento denuncia il rischio di sterminio del genere umano, ne riporto solo un passaggio:
“Non stiamo parlando, in questa occasione, come membri di questa o quella nazione o continente o fede religiosa, ma come esseri umani, membri della specie umana, la cui sopravvivenza e` ora messa a rischio… Dobbiamo cominciare a pensare in una nuova maniera.”
Ecco a cosa servirebbe la psicologia: infatti sono i processi di pensiero che guidano i comportamenti, anche quelli degli scienziati.
E la guerra è una forma di pensiero, un modo di concepire i rapporti tra tutti i viventi, e non solo tra gli umani, ma davvero tra tutti gli esseri viventi; quindi la Natura nella sua completezza, Natura a cui appartengono anche i virus.
Mentre la Natura privilegia ogni forma possibile di reciproco adattamento, cercando di ottimizzare i vantaggi reciproci, l’uomo pensa sempre di vincere, sottomettere, sterminare, controllare. In natura è previsto il meccanismo biologico per cui ogni virus e batterio, dopo una prima fase, si attenua per non uccidere, intelligentemente, il suo ospite che potrà, intelligentemente, sviluppare difese naturali. Questo ha scoperto l’immunologia, la batteriologia, la fisiologia di tutti gli esseri viventi, ecc. insomma la scienza biologica e medica nel suo complesso. Ma l’uomo non sa resistere alla sua illusione di potere e controllo totale. Il Prometeo che è in lui, e che riemerge di volta in volta nei panni del dottor Jekyll o del dottor Frankenstein, si illude di poter ingaggiare e vincere una guerra conto la Natura. È questa illusione, la sete di potere incarnata in ogni piccolo uomo o grande dittatore che la Storia ci ha consegnato, e non l’istinto di morte a portarci all’autodistruzione.
Da sempre politici ed economisti corteggiano gli scienziati e da sempre gli scienziati hanno il problema di come finanziare le loro ricerche e soprattutto di preoccuparsi di come verranno usate le loro scoperte.
Che i primi subiscano il fascino fatale del potere non stupisce, ma l’abbraccio con scienziati che soffrono dello stesso grado di narcisismo diventa mortale.
Infatti:
la radioattività può essere usata per la medicina o per la guerra,
la chimica può essere usata per la farmacia o per la guerra,
la genetica può essere usata per scoprire e curare malattie rare e migliorare l’agricoltura o per la guerra.
Lo stesso vale per la psicologia. Essa può essere usata per curare la sofferenza delle persone, per sapere come meglio aiutare lo sviluppo dei bambini, ma anche per giustificare il razzismo, manipolare le masse o delegittimare e dichiarare matti i dissidenti.
Ciò è possibile perché la psicologia è anche la scienza del controllo del comportamento: la potete vedere all’opera tutti i giorni guardando gli spot pubblicitari: dai gelati, ai pannolini, al cibo per gatti, ai prodotti “uccidi batteri” e “ammazza-vecchiaia”. Per non dire dei talk show e dei notiziari. Dietro tutti questi prodotti commerciali ci sono fior di scienziati del comportamento. Infatti con l’inizio della storia della psicologia inizia la storia dello studio scientifico del controllo del comportamento, controllo sempre desiderato dall’essere umano.
Come in fisica, o in medicina così in psicologia esistono teorie diverse, cioè modi diversi di pensare su quale uso fare delle conoscenze per costruire il mondo che vogiamo. Perché ogni scienziato ha l’obbligo morale di scegliere su quale tipo di vita dell’essere umano e su quale futuro di quello di domani investire la propria conoscenza.
Le ricerche scientifiche in questo campo iniziano già a partire da fine ’800, ma è dal 2000 che assistiamo ad una svolta sempre più soffocante: si vuole un uomo sempre più simile ad una macchina, come teorizza il transumanesimo, un uomo che obbedisca senza pensare, senza interrogarsi sulle conseguenze di ciò che pochi, paternalisticamente, hanno deciso per il bene della massa.
Ad essa è sufficiente saper scaricare una app e schiacciare un tasto. O mettere una crocetta per superare esami. Ormai tutta la scuola di ogni ordine e grado è impostata così. Ad un medico o ad uno psicologo o ad un qualunque altro professionista non è chiesto di attingere a conoscenze e pensare, è sufficiente seguire linee guida, le cosiddette buone prassi. Ma buone per chi? Per quale scopo? Importante è diventato addestrare le persone a smettere di pensare.
Nel frattempo si sono moltiplicate le ricerche di psicologia della percezione e dell’apprendimento e dietro a questi strumenti di costruzione di pensiero unico si muovono grandi finanziamenti e profitti. Da alcuni mesi a Bologna, a Fidenza, a Roma hanno introdotto la patente a punti per il bravo cittadino. Qualche politico nostrano l’ha lodato come esempio da prendere dall’Inghilterra per gestire anche il problema dei migranti. Nulla di nuovo: gli Stati Uniti, ad inizio ‘900, misuravano il Quoziente Intellettivo ai migranti appena sbarcati, prima di accoglierli o per rispedirli altrove. Ora è stato cambiato il linguaggio ma nulla di nuovo è stato inventato. È bastato copiare da quanto è già consolidato in Cina: si potrà godere di diritti solo se si obbedirà agli standard comportamentali fissati dal Governo.
Allora come non pensare al profetico romanzo di Aldous Huxley, Il mondo nuovo, che non a caso era un raffinato intellettuale e profondo conoscitore degli studi psicologici alla base della propaganda manipolatoria, attuata dai governi di ogni Paese, di qualunque indirizzo politico, nessuno escluso, nemmeno la sua liberale Inghilterra. Suggerisco a tutti di leggerlo o rileggerlo: consente di comprendere a meraviglia le comunicazioni solo apparentemente confuse e contraddittorie di Ministero della Salute, CTS e Governo. Riconosceremo e comprenderemo, non solo quello che ci viene propinato o occultato sulle scelte di “guerra difensiva”, ma anche ciò che abbiamo vissuto in questi ultimi due anni e mezzo. E soprattutto ciò che potrebbe attenderci.
Infatti quello a cui siamo stati e siamo sottoposti è il risultato di un metodo che, a partire da Pavlov, si è evoluto nel condizionamento operante, il cui padre è stato lo psicologo Burrhus Skinner, fino alla sua versione tecnologica attuale di vera ingegneria comportamentale.
Skinner, già nel 1971 dichiarava trionfalmente di avere trovato il metodo per spingere l’essere umano “oltre la dignità e la libertà”. Le mascherine sono diventate l’equivalente del campanello di Pavlov e il green pass il premio intermittente di stampo skinneriano per l’obbedienza a qualunque tipo di richiesta di cui la reiterata inoculazione è quella simbolicamente più potente: tutte le religioni, nessuna esclusa richiedono un qualche sacrificio del corpo umano! E sono molti gli scienziati seri che lamentano che ormai la Scienza è stata degradata a religione scientista. Per questo quando qualcuno proclama “la scienza dice che” sta imbrogliando, perché la scienza è un metodo per conoscere, che deve essere trasparente. Non coltiva certezze assolute e ricerca e ammette sempre i propri limiti e margini di errore. Mentre gli scienziati sono uomini che devono decidere che forma di pensiero scegliere: se del potere, del controllo di pochi, dei più forti, dei più ricchi, dei più informati su una massa di idioti chiamati compassionevolmente popolo e dunque scegliere il pensiero unico; oppure scegliere il rispetto delle diversità biologiche e di pensiero, della distribuzione equa e diversificata delle risorse, di uno sguardo che consideri i costi necessari, sia umani sia naturali, per raggiungere una meta.
I turisti spaziali dove dovremmo metterli? Quanto costa una gita spaziale a noi Cittadini del Pianeta? Il nocciolo del pensiero nuovo di cui parlavano Einstein e Russell è il rispetto stesso della capacità di pensare, di farsi domande: esattamente come fanno i bambini quando crescono e così facendo sviluppano la loro intelligenza: essi reclamano e necessitano di spiegazioni non di ordini. Invece la forma di pensiero della guerra, che si fonda sull’idea che si possa controllare e dominare, necessita di soldati.
I soldati devono obbedire senza discutere e senza comprendere gli ordini. Devono anche mettere in conto ed accettare le vittime da fuoco amico. Le persone libere al contrario vogliono poter pensare, usare la loro intelligenza e scegliere il prezzo da pagare per la propria libertà. Ma allora se questa è la forma di pensiero a cui siamo stati addestrati in questi anni qual è la guerra che ci vogliono far combattere o accettare? Quella contro il virus era solo l’addestramento, quella russo-ucraina è solo la prova generale, e la prossima a cui vogliono farci partecipare sarà quella che temevano e temono scienziati e pensatori seri?
Perciò mi rivolgo ai politici, oggi presenti: se davvero credete nella democrazia imparate a distinguere e scegliere gli scienziati di cui volete avvalervi, ma soprattutto rispettate e prendetevi cura dell’intelligenza dei Cittadini, altrimenti nessuno, nemmeno voi, avrete scampo.
Miriam Gandolfi, psicologa psicoterapeuta
Bolzano – Trento